L’inizio della corsa
Forse tutto questo mi mancherà. E probabilmente anche prima di quanto io possa credere. Anzi ne sono sicuro. Passi 18 anni della tua vita nella scuola. Qualcuno 19, altri ancora 20. Ogni anno inizia con i soliti buoni propositi quali “devo studiare”, “quest’anno non litigo con nessun professore, prometto”, “dai quest’anno ce la devo mettere tutta”. E puntualmente questi vengono rispettati, se tutto va bene, i primi 3 giorni, dopo di che tutta l’euforia svanisce e, con essa, i buoni propositi.
“Non vedo l’ora che finisca” oppure “ma sta scol e merd” sono le frasi che qualunque studente ha detto almeno una volta nella vita. Tra le interrogazioni preparate in un giorno, lo studio di notte, il compito copiato, la ricerca dei metodi più strambi per perder l’ora di fisica, le chiacchierate nei corridoi, i richiami dei docenti che si lamentano del troppo tempo fuori, le assemblee d’istituto, le famigerate due ore di assemblee di classe durante le quali si faceva tutto fuorché discutere delle problematiche della classe, gli scherzi ai compagni, o peggio, ai professori, 18 anni sono passati.
Sì, sembrava ieri che col grembiulino varcavi la soglia dell’aula delle scuole elementari:ah, che bei ricordi. Quando eri certo che 2 più 2 faceva 4. Quando la maestra ti dava l’immancabile libro delle vacanze. Ed ora ti trovi qui, spesso studi cose di cui magari non comprendi neanche il fine eppure sei felice. Forse anche più di quando avevi 8 anni e, vedendo la maestra Carolina cadere dalla sedia, crepavi dalle risate. Ora è tutto diverso. Te l’avevano descritto come l’istituto che ti avrebbe tolto vitalità, che ti avrebbe tolto tutto il tempo per dedicarlo così allo studio. E invece, tu hai fatto tutto: hai studiato, hai appreso, qualche bel voto di qua, qualche ramanzina di la, hai fatto amicizia nei corridoi in cui hai speso la maggior parte del tuo tempo.
Forse l’emblema del liceo è proprio il primo giorno: quando anche il più ritardatario alle 7 e mezza già è fuori scuola per sperare di prendere il mitico ultimo banco che rappresenta le colonne d’Ercole dello studente. Sì perché l’ultimo banco significa che puoi usare il telefono, che la dormita te la puoi fare senza che nessuno ti dica nulla.
Forse anche lo “svegliarmi presto” mi mancherà. Ora non lo dico, certo. Ma anche questo mi mancherà. Mi mancheranno anche le assenze, durante le quali pensavi :”ora i miei amici stanno facendo storia, poracci”.
Non sempre ho condiviso tutto ciò che mi veniva detto, non sempre i richiami di qualche professore mi sono andati giù: in questo senso, molti mi sono “andati di traverso“. Molto spesso non sai cosa fare se far capire che non condividi il loro pensiero o se far finta di non sentire, di non intendere.
Certo la scuola non è perfetta e, se dovessi dire che non ci sono mai rimasto male per una qualunque cosa correlata alla scuola mentirei spudoratamente. Però so, nel profondo del mio cuore, che una parte di esso è dedicata alla scuola, ai bei momenti, ma anche a quelli tetri che volentieri rimuoverei.
Di marachelle ne ho fatte e anche molte perchè, in fondo la scuola è anche divertimento e sono sicuro che solo chi l’ha vissuta col sorriso, con la carica giusta, con lo spirito giusto rimpiangerà quelle mura imbrattate di grigie scritte, dediche o anche appunti per il compito di informatica, o per l’interrogazione.
Caro studente quindi non sperare che finisca. Con la fine della scuola, la corsa è solo appena cominciata.
Con questo, vorrei così fare un in bocca al lupo a noi maturandi. Non tanto per la maturità che incombe, quanto per far sì che ognuno crei la giusta strada per la realizzazione di sè e delle proprie ambizioni.