Il giudice che si affidó a Dio
Era il settembre del 1990, quando Rosario Livatino, all’epoca giudice a latere nel Tribunale di Agrigento, e nel decennio precedente sostituto procuratore della Repubblica nella città dei Templi, viaggiava senza scorta con la sua Ford Fiesta amaranto da Canicattì verso il luogo di lavoro. Lungo il tragitto quattro killer, due in auto e due in moto, prima spararono sull’auto del magistrato e poi lo inseguirono a piedi lungo il vallone e lo colpirono a morte.
Al momento dell’arrivo degli inquirenti sul luogo, questi trovarono L’agenda del giudice, che alla prima pagina riportava una scritta in maiuscolo S.T.D. Uno strano acronimo che inizialmente fu scambiato per una pista mafiosa, qualcosa che collegasse quella scritta alle indagini che Livatino stava portando avanti.
Con gran stupore lo stesso acronimo fu ritrovato in tutte le agende del giudice dal 1978 al 1990, l’arcano fu svelato, con straordinaria meraviglia, si scoprì che S.T.D era l’acronimo di : Sub Tutela Dei” (“Sotto la tutela di Dio”). Suona come un programma da seguire, un valore da non dimenticare anche nella peggiore delle indagini. Livatino si mette sotto lo sguardo di Dio perché sa che per applicare la giustizia occorre una luce che illumini tutti gli aspetti della realtà e non faccia dimenticare mai che gli indagati, anche se colpevoli di gravi reati, sono sempre persone.