Tirare i capelli è reato
La Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 44375/2017, ha confermato la condanna per una donna, per il reato di cui all’art. 582, comma 2, c.p., per aver cagionato ad un’altra donna lesioni personali al cuoio capelluto, giudicate guaribili in cinque giorni.
Vano per la condannata contestare il provvedimento del giudice di merito: la decisione, secondo gli Ermellini, senza incorrere in vizi, ha compiutamente dato conto degli elementi di responsabilità a carico dell’imputata.
Per il Collegio, gli elementi di responsabilità a carico della donna sono univoci e convergenti già a partire dalle dichiarazioni della persona offesa, concordanti con la prova documentale, ossia con il referto medico in atti attestante le lesioni al cuoio capelluto.
Come affermato più volte dalla stessa Cassazione, infatti, le dichiarazioni della parte offesa possono essere legittimamente poste da sole a base dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della loro credibilità soggettiva e dell’attendibilità intrinseca del racconto.
Neppure è valso il tentativo per la ricorrente richiamare la scriminante della legittima difesa, poiché la sentenza impugnata ha ricostruito i fatti anche mediante dichiarazioni di altri testimoni: questi hanno riferito di un’azione sviluppatasi su iniziativa dell’imputata stessa che avrebbe fatto irruzione nel bar dell’ospedale iniziando a discutere con il suo ex e poi aggredendo l’altra donna, afferrandola per i capelli. Il ricorso va pertanto rigettato e confermata la condanna dell’imputata.