Novembre 21, 2024

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Le truffe telefoniche sono quelle che vengono perpetrate mediante l’utilizzo del telefono, da soggetti che fingono di essere operatori di call center e raggirano o ingannano gli utenti inducendoli inconsapevolmente ad attivare servizi non graditi o falsi servizi. 

Il reato di truffa
La truffa telefonica, non è altro che una vera e propria truffa, potenzialmente riconducibile, quindi, al reato previsto e sanzionato dall’articolo 640 del codice penale
Tale norma, infatti, punisce “chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno“. La pena, per l’ipotesi base di reato, è quella della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da euro 51 a euro 1.032.
L’articolo 640, evidentemente, tutela la libertà del consenso degli individui, posto che chi pone in essere la condotta ivi contemplata agisce in maniera tale da ottenere che l’altro soggetto (nel caso di specie, chi riceve la telefonata) si danneggi nei fatti da solo, rinunciando a un proprio diritto, assumendo una certa obbligazione o compiendo un determinato atto di disposizione, in ogni caso in maniera pregiudizievole per il proprio patrimonio e vantaggiosa per il truffatore.
La truffa è, insomma, la principale figura di delitto contro il patrimonio posto in essere con frode, che oggi conosce una diffusione preoccupante soprattutto nella veste di truffa commessa con il mezzo del telefono, ma anche mediante internet.

Artificio e raggiro
Chiaramente, perché l’esito di una determinata telefonata possa considerarsi l’effetto di un comportamento penalmente rilevante è innanzitutto necessario che il chiamante ponga in essere artifici o raggiri.
L’artificio, nel dettaglio, opera sulla realtà esterna e si estrinseca nel far apparire come vera una situazione che, in realtà, non trova alcun riscontro nei fatti.
Si parla di raggiro, invece, quando il chiamante agisce sulla psiche della vittima, convincendola che una situazione sia in un modo diverso dalla realtà mediante ragionamenti che si basano, quindi, su false premesse.

Danno e profitto
Perché possa parlarsi di reato, poi, dalla telefonata devono derivare un danno per il chiamato e un profitto per il chiamante o per un terzo, derivanti dalla causazione di un errore e connessi a un atto di disposizione patrimoniale del chiamato, dal quale derivi un’utilità ingiusta per il chiamante o per il terzo, patrimoniale o non patrimoniale.

Il dolo
Infine l’elemento soggettivo richiesto dalla truffa è rappresentato da dolo generico, che consiste nella coscienza e nella volontà di indurre qualcuno in errore con artifici e raggiri spingendolo a compiere un atto di disposizione patrimoniale dal quale conseguano il danno e il profitto ingiusto.

Le truffe telefoniche più diffuse sono le cosiddette “truffe del sì”, poste in essere da call center che propongono offerte irrinunciabili. Spesso a seguito delle loro chiamate, ci si ritrova inconsapevolmente e senza averlo mai richiesto con una domanda di cambio operatore telefonico, del gas o energetico o con l’attivazione di determinate offerte a pagamento.
Generalmente, i chiamanti fanno una domanda la cui risposta è sì (ad esempio: “parlo con il Sig. …?”) e poi utilizzano quella risposta come risposta a domande mai ricevute mediante un montaggio audio. Il suggerimento, quindi, è quello di non rispondere mai “sì” quando si ricevono telefonate sospette ma di preparare risposte alternative ed equivalenti per evitare di cadere nella truffa (tornando all’esempio sopra citato, alla domanda “parlo con il Sig. …?” si può rispondere “sono io”).

Come e quando presentare querela
Se si è rimasti vittima di una truffa telefonica, ci si può rivolgere alle autorità competenti per ottenere giustizia.
La truffa, salvo alcune eccezioni, non è un reato procedibile d’ufficio e di conseguenza per la punizione del colpevole è necessario che la vittima sporga querela alle competenti autorità.
Ci si deve rivolgere, quindi, alla polizia o a qualsiasi altra forza dell’ordine (carabinieri, guardia di finanza e così via) o ci si può anche recare direttamente presso la Procura della Repubblica della propria città, ricordando che il termine per presentare querela è di tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato.

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